Fenomeni di Zoombombing e di interferenze con le lezioni live: le piattaforme corrono ai ripari


Con il termine “Zoombombing” si definisce l’intrusione di esterni in videoconferenze e videolezioni, allo scopo di creare disordine e di bloccare le attività in corso. Il termine prende il nome dalla piattaforma Zoom, che è stata per lungo tempo la più bersagliata da questo tipo di attività al limite del lecito.

Per prevenire fenomeni di “Zoombombing” e di interferenze con le lezioni live, alcune piattaforme di comunicazione sono corse ai ripari.

Weschool implementa in ottica precauzionale i seguenti sistemi di protezione:

a) il link di accesso al Live è offuscato, in modo che gli studenti malintenzionati non possano impropriamente condividerlo con altri

b) gli studenti all’interno di un’Aula virtuale non possono espellersi o silenziarsi a vicenda; queste azioni di moderazione sono una prerogativa del docente

c) per maggiore trasparenza, anche nell’Aula virtuale vengono mostrati il nome e cognome degli studenti

Anche Google Meet si è mossa su una strada molto simile, bloccando gli utenti esterni nelle videoconferenze. Dal 31 marzo, infatti, un utente esterno dovrà essere autorizzato all’ingresso nella conferenza, e l’autorizzazione potrà darla solo il docente che ha aperto il meet.

Con interventi e aggiornamenti veloci, Weschool e GSuite hanno dimostrato di tenere in considerazione la privacy dei propri utenti: non a caso, probabilmente, sono due tra le piattaforme riconosciute e suggerite dal MIUR.

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