Nemmeno il coronavirus ferma il cyberbullismo: insulti ai prof sulle piattaforme online

Offendere gli insegnanti durante le lezioni on line non solo può abbassare il voto in condotta ma integra il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Per i genitori scatta la «culpa in educando».

È successo in alcune scuole della provincia di Milano che denunciano un uso scorretto delle piattaforme digitali, utilizzate dagli insegnanti in questi giorni di coronavirus per garantire la continuità didattica.
In alcuni casi gli studenti hanno condiviso i link per partecipare alle lezioni con altri utenti, che hanno prontamente ricoperto di insulti e bestemmie il professore di turno. Impossibile continuare la didattica, tanto che i dirigenti hanno dovuto avvisare il ministero dell’Istruzione.
In altri casi le lezioni online sono state registrare e condivise su WhatsApp in gruppi di studenti, ancora una volta per offendere, denigrare, condividere espressioni blasfeme.

Le scuole in ordine sparso
In questi giorni c’è chi decide di andare avanti e chi sta pensando di interrompere la didattica online.
Per tutti, però, occorre agire dal punto di vista legale, denunciando i fatti alle autorità, avvisando le famiglie e il ministero dell’Istruzione.

Stesse regole per piattaforme e social network
Dal punto di vista giuridico le piattaforme di videoconferenza sono luoghi aperti al pubblico. Si applica la stessa giurisprudenza consolidata in materia di social network. Gli insegnanti delle scuole pubbliche o parificate, poi, sono pubblici ufficiali.

Il risultato è che offenderli durante le lezioni on line integra il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, punito con la reclusione da sei mesi fino a tre anni.
Il reato è procedibile d’ufficio, significa che gli insegnanti o il dirigente che ne venga a conoscenza ha l’obbligo di denunciare i fatti alle autorità.
Non farlo li esporrebbe addirittura al reato di cui all’articolo 361 del codice penale, che punisce proprio l’omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale.
Le piattaforme informatiche registrano i dati dei partecipanti. Possibile allora che si riesca ad individuare chi ha condiviso i link e chi ha insultato e bestemmiato.
Oggi non esiste più il reato di bestemmia, che però continua ad essere un illecito amministrativo, sanzionato con pena pecuniaria che va da 51 a 309 euro.

Le conseguenze per le famiglie
Gli studenti minorenni, dai 14 anni in su, rispondono personalmente in sede penale dei fatti commessi, se sono imputabili, ovvero capaci di intendere e di volere, lo sono quasi sempre.
Dal punto di vista della responsabilità civile, a pagare i danni per i figli minorenni sono i genitori. Si chiama “culpa in educando” ed è stabilita dall’articolo 2048 del Codice civile.
Per i giudici tra i doveri educati dei genitori rientrano anche quelli di insegnare loro l’uso corretto delle tecnologie. In caso di processo per questi fatti, la carenza educativa si presume: i genitori non sarebbero ammessi neppure a fornire la prova liberatoria.
In alcuni casi le condotte ritenute gravi commesse dai figli possono far partire l’accertamento del Tribunale per i minorenni delle capacità educative e di controllo dei genitori.
(Tribunale per i minorenni Caltanissetta, sentenza 11 settembre 2018)

Le sanzioni disciplinari applicabili
Le sanzioni per gli studenti possono andare dalla sospensione fino alla espulsione o insufficienze in condotta che possono determinare anche la bocciatura. Tutto dipende dai regolamenti di istituto e dalla gravità dei fatti. I tribunali amministrativi negli anni hanno fatto chiarezza. Le offese su WhatsApp, ad esempio, giustificano il voto negativo in condotta, anche se condivise su un mezzo non ufficiale e fuori dall’orario scolastico.
(Tar Napoli, sez. IV, sentenza 8 novembre 2018 n° 6508).

Per alcuni tribunali, poi, nei casi in cui non sia possibile identificare i responsabili e gli studenti non collaborino, viene punita anche l’omertà.
Le sanzioni possono in questi casi essere irrogate anche a tutta la classe.
La legge prevede, poi, che lo studente non debba soltanto essere punito per il fatto commesso ma dovrebbe anche essere rieducato, con percorsi di recupero che possono prevedere anche lo svolgimento di attività riparatorie di rilevanza sociale o comunque orientate all’interesse generale della comunità scolastica. Non sono quindi illecite quelle sanzioni che prevedano la pulizia delle aule, piccole manutenzioni, svolgimento di attività di volontariato o assistenza nell’ambito della comunità scolastica.
In genere le sanzioni non possono prevedere una sospensione superiore ai 15 giorni che però può essere derogato e arrivare fino all’espulsione se il fatto rappresenta anche un reato o un pericolo per l’incolumità delle persone.

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